Night moves
Mostra fotografica personale di
Paolo Piattelli
Viaggiare per lavoro o per vacanza ci permette di venire in contatto con nuovi luoghi, differenti costumi e realtà di volta in volta più o meno stimolanti. Vagare la sera in una città che non si conosce, osservarne le vetrine, i colori, l’architettura, le persone, provare ad assaporarne l’atmosfera che nasce dalla commistione di questi elementi e trasporla in immagini con l’intento di raccontare qualcosa di quotidiano, ordinario, ma strettamente connesso al luogo rappresenta per un fotografo una sfida particolarmente interessante. Il lavoro Night Moves nasce dal desiderio dell’autore di presentare dei frammenti delle città che ha visitato, mediante quartine di immagini, attraverso un processo di sintesi che permetta all’osservatore di intuire sia l’elemento emozionale che l’interazione tra soggetti rappresentati e la città, teatro della scena in cui si muovono. Gli scatti sono tutti realizzati in notturna in un formato 16:9 che esalta la dimensione orizzontale accentuando la sensazione di spazialità in cui il fotografo si muove. La scelta del colore supporta il desiderio di trasferire in immagini l’atmosfera del luogo e la sensazione di omogeneità tonale che si ritrova nelle quartine ha un peso significativo nella lettura dell’immagine e nella descrizione dello spazio e di ciò che accade.
L’approccio è quello tipico della street photography, genere solo apparentemente semplice e accessibile a tutti, che costituisce una testimonianza della società, delle sue sfumature e della cultura di strada. Appassionato del genere e conoscitore di alcuni lavori dei grandi interpreti della street photography come Lee Friedlander e Garry Winogrand dimentica, per scelta, la ricerca formale che gli è congeniale e che trova nella fotografia di architettura e degli spazi urbani il suo naturale terreno di indagine per spostarsi in quello più legato ad una fotografia più istintiva e di improvvisazione. Lo spazio urbano diviene quindi la scena in cui cercare qualcosa che lo attrae, sia essa una situazione, un colore, uno spazio, sempre comunque popolato da figure evanescenti. Il tutto viene infatti raccontato mediante l’uso di pose lunghe che se da un lato consentono di trasferire l’idea del tempo che scorre dall’altro creano immagini e ricordi non nitidi di quei luoghi. E’ un desiderio di trasferire una percezione dello spazio, della situazione, non completamente nitidi, che si fonde con le emozioni sempre differenti dell’autore, che finiscono per valorizzare situazioni e luoghi. Fotograficamente siamo molto lontani dall’idea dell’”istante decisivo” tanto caro a Henry Cartier Bresson e idealmente prossimi a Daido Moriyama nel suo desiderio di non essere reporter, di non voler catturare le emozioni degli altri ma piuttosto voler esprimere le proprie. Il vero protagonista sembra essere proprio l’autore che nel suo essere viaggiatore e nel suo desiderio di scoprire luoghi a lui nuovi, diventa testimone di incontri che suscitano in lui intense emozioni racchiuse nelle quartine che raccontano, ciascuna, un città, i suoi colori e le atmosfere che le sono proprie, in sintesi il “ricordo” che ha l’autore di quei luoghi.
Domenico Santonocito