Mastri d’ascia di Aci Trezza – una storia vera
E quando i denti della sega cominciano a mordere il legno sprigionandone i profumi, le essenze, gli umori della sua natura; quando il filo delle lame delle pialle accarezza la superficie facendone fiorire il truciolo lungo e asciutto; quando la punta del trapano inizia a modulare la penetrante armonia del suo canto, allora io ridivento bambino e torno, con la memoria alla mia infanzia dove nei laboratori dei mastri d’ascia cercavo legnetti per i miei giochi, “vampugghe” per i miei fuochi, segatura per asciugare quanto il mio stomaco rigettava. E il mastro d’ascia era lì, inconsapevole che tanto suo lavoro, tanta arte, alimentavano i miei sogni e la mia fantasia.
Bisogna tornare bambini per riprendere consapevolmente il senso profondo di un’arte, di una professione, di un mestiere dove bisognava essere dei maestri, ovvero persone esperte, capaci di riconoscere la forma adatta, l’uso e la collocazione di “quel” legno particolare all’interno di un’imbarcazione: perché di questo stiamo parlando, del costruttore di barche, di quei natanti che, da Noè in poi, hanno servito l’uomo che voleva condividere e comprendere il suo mare. La loro bravura consisteva nel sagomare e individuare adattandolo il ceppo di legno alla funzione dell’ingegneria di costruzione nautica e non c’era porto, dotato di una pur minima marineria, che non avesse i suoi mastri d’ascia capaci di gestire non solo la bontà del legno ma anche calafatarlo con l’antica pece di omerica memoria e rifinirlo di moderno coppale. Persino il regolamento per l’attuazione del Codice di navigazione all’art. 280 ne tratteggia da tempo la sua figura che rimane la stessa lungo tutte le coste di questo pianeta. Oggi, sempre meno, le barche sono confezionate col legno e i superstiti mastri d’ascia devono rifugiarsi nella tradizione, nella memoria, nel diporto amatoriale.
Ed ecco che il nostro fotografo, sfruttando la fiducia e l’amicizia che lo lega a questa professione e a chi continua a esercitarla, entra nell’antica officina e con il suo obiettivo cerca di penetrare il senso di un lavoro che sta scomparendo. Il suo strumento raccoglie in equilibrato bianco nero il rigore e la serietà del lavoro, il momento virtuoso quanto raffinato di chi sa padroneggiare il proprio strumento, colloca la propria visione all’interno di prospettive che valorizzano i volti e i protagonisti della vecchia arte. Poi, onestamente, ne raccoglie pure la modernità che avanza e che annota nella novità dello strumento come nelle immagini alle pareti. Allora, intelligentemente raccoglie un controcanto all’invasione dei tempi nuovi: è il momento di una pausa rilassante, una partita a carte come di una possibile sigaretta o una probabile bevuta. Lo sfruttamento perspicace della profondità di campo non gli impedisce di raccontare, teneramente, che la vecchia arte si è rifugiata in un cavalluccio a dondolo, forse in una culla.
E allora torna Geppetto, mastro Ciliegia, Pinocchio e tutti torniamo bambini.
Pippo Pappalardo
I luoghi dell’anima di Massimo Vittorio
Lì dove si imprimono i nostri ricordi, le nostre emozioni, sono comunemente definiti i luoghi dell’anima. E così è il Cantiere Navale Rodolico, il luogo e lo spazio dell’anima di una famiglia che da cinque generazioni è parte integrante del borgo marinaro di Aci Trezza. Un luogo dove ogni cosa, un utensile, un pezzo di legno, persino della segatura ha intriso la passione e la voglia di lavorare. Progettista, ingegnere navale, carpentiere, falegname ma anche, e soprattutto, artista… questo è il vero profilo del mastro d’ascia. Un mestiere quasi scomparso, assieme alle barche in legno, ma che, con tenacia e passione, prova ancora a resistere. Nonostante la straordinaria preparazione tecnica e la maestria necessarie per svolgere il mestiere di mastro d’ascia, i loro servizi sono sempre meno richiesti sia perché si afferma sempre più l’uso di materiali diversi dal legno nella grande produzione di scafi per imbarcazioni e navi, sia perché a causa di una legislazione europea degli anni ’90 si sono ristrette le licenze (incentivandone anzi la rottamazione) per il permesso della pesca e, di conseguenza, sono diminuite le commesse delle imbarcazioni. Esistono ancora oggi dei cantieri che utilizzano il legno come materiale principale per la costruzione di imbarcazioni di alta qualità. Qui i maestri d’ascia curano le parti più delicate della costruzione e della manutenzione degli scafi.
Le località italiane che a fatica hanno mantenuto la loro tradizione marinara sono rimaste in poche, ad esempio Molfetta (BA), Manfredonia (FG) , Monte Argentario (GR), Piano Di Sorrento (Marina Di Cassano -NA-) e Aci Trezza (CT).
In questi luoghi ancora è vivo l’odore del legno, come nella nostra terra dei Malavoglia, dove l’identità del territorio si intreccia con la storia della famiglia dei Rodolico che da cinque generazioni sono ormai una vera e propria memoria storica. Hanno costruito barche così come è stata costruita la storia del Paese, da piccole imbarcazioni sino a raggiungere, negli anni ’80 e fino alla prima metà degli anni ’90, la costruzione di ben 6 grandi imbarcazioni contemporaneamente. Ed oggi? Oggi il mercato si è notevolmente ridotto, si pensa a fare qualche piccolo lavoro di manutenzione in piccole barche, i cosiddetti “ratteddi”. Addirittura, l’arte del mastro d’ascia si mette al servizio della costruzione di cavallucci a dondolo per bambini. Si punta a sopravvivere, a resistere in quel luogo anche diversificando l’attività. Come ad esempio ad accogliere gruppi di turisti che, entusiasmanti, si soffermano ad ammirare un’arte che fu e che vuole continuare a essere. Entrano all’interno del cantiere e nel vedere ogni utensile ne ascoltano, dalla voce narrante del mastro d’ascia, la propria storia. Dentro il cantiere la luce è fioca, traccia ombre, disegna curve e segmenti ma un odore di legno penetra nelle narici e desta ricordi. Il legno è sempre stato un compagno di vita per il mastro d’ascia Turi Rodolico, attraverso un rapporto fatto di passione, fatica, tenacia ed ha assunto sempre valori profondi come amicizia, famiglia, speranza. Il legno è l’essenza dei Rodolico e io, attraverso queste foto voglio provare a rivelarla. Il progetto fotografico vuole rendere omaggio a chi, tra le tante difficoltà, non rinuncia, con dignità, a portare avanti una delle tradizioni che rende Aci Trezza, il nostro luogo dell’anima, unica nel mondo.
Biografia Massimo Vittorio
Massimo Vittorio, nasce a Catania nel 1975. Laureato in filosofia, autore di due pubblicazioni. Da sempre attivo nel tessuto sociale del suo paese di origine, Acitrezza, partecipando a varie associazioni locali e impegnandosi nella comunità scolastica del territorio. Appassionato di fotografia, dal 2015 cerca di sviluppare punti di vista personali e inediti per cogliere in maniera sempre diversa e curiosa tutto ciò che lo attrae e lo racconta attraverso la foto. La citazione preferita è “osservare lì dove gli altri sanno solo vedere”. Nel 2016, 2017, 2018 partecipa al concorso fotografico “Acitrezza, tra fede e folklore” con ottimi riconoscimenti. Nel 2017 è vincitore del contest “Instagramers of the year 2017” della pagina Instagram Ig_Catania. Nel 2018 è vincitore del contest “myagathaexperience” con una foto divenuta copertina del digital photobook in collaborazione con Sicilia Convention Bureau, Lasiciliaweb, Comune di Catania e Citymap; nel 2018 e nel 2019 ha partecipato al contest fotografico #fuoriinsabbiata con l’esposizione di alcune foto in occasione dell’Insabbiata di Ispica; ha partecipato al 23° corso di fotografia del “Gruppo fotografico Le Gru” di Valverde con l’esposizione delle foto in occasione della manifestazione Etna Photo Meeting 2018 nel mese di giugno ad Aci Bonaccorsi; mostra personale di fotografia presso Villa Fortuna, ad Acitrezza, dal titolo “Acitrezza, dal mio punto di vista”; ha partecipato alla notte bianca organizzata dall’associazione culturale “Ingranaggi Culturali” ad Aci Castello; esposizione a Villa Fortuna per la mostra “Memorial Lilli Blanco” organizzata dall’associazione culturale Amastray Art; menzione speciale per “originalità” al concorso fotografico “Disequilibri di stato [sociale]”, a Giarre, a cura dell’associazione culturale “Articolo 1”; ha partecipato, in collaborazione con il “Gruppo Fotografico Le Gru” al progetto “Controesodo” della Fondazione Fiumara d’Arte Sicilia; nel 2019 una sua foto è selezionata per la brochure del programma dei solenni festeggiamenti in onore di San Giovanni Battista ad Acitrezza; ha partecipato alla mostra “Il chiosco ospita l’arte” organizzata dall’associazione culturale “Alba Nuova” ad Aci Catena; ha partecipato alla collettiva d’arte “Trezzarte” organizzata dall’associazione culturale “Centro Studi Acitrezza” ad Aci Trezza; nel 2019 una sua foto è selezionata per la brochure del programma dei solenni festeggiamenti in onore di San Sebastiano a Palazzolo Acreide; ha partecipato all’evento d’arte “Summer Youth – Stelle d’arte” organizzato da Space Music Acireale e Consulta Giovanile Acireale; ha partecipato alla mostra fotografica “Talia T’arricri” organizzata da Legambiente Acireale; esposizione fotografica presso l’Eremo di Sant’Anna durante l’evento “L’Eremo racconta”, organizzato dall’associazione culturale “Alba Nuova”; esposizione fotografica presso la Basilica di San Filippo d’Agira, ad Aci San Filippo (CT), in occasione dell’evento “Una notte al museo”, organizzato dall’associazione “Museo San Filippo”; foto copertina del calendario 2020 in onore di San Sebastiano a cura della Basilica di San Sebastiano, Acireale.