SCUOLA DI DANZA
MOSTRA FOTOGRAFICA
di Pietro Vilasi di Reggio Calabria
Recensione di Giorgio Tani
Entrare in una scuola di danza senza disturbare, restando inosservato, e cogliere quei momenti minori, quasi privati, degli allievi,è la caratteristica di questo nuovo lavoro che Pietro Vilasi ci presenta. Le sue precedenti ricerche, che normalmente divengono mostre, hanno seguito il metodo della sequenza temporale accostando tra loro immagini susseguenti. Anche in questo reportage, molto ampio nel suo svolgimento, la struttura portante è basata sul progredire della sequenza. I temi però, si susseguono per mezzo di insiemi di immagini, piccoli capitoli a se stanti che formano il racconto complessivo. L’ambiente, i soggetti, la spontaneità e il colore donano a questo racconto una carica emotiva eccezionale, fatta di accostamenti, contrasti, pennellate di luce, tensione e vibrazione di giovani figure. Tutto esploderà nell’apoteosi dello spettacolo finale.
Ma andiamo all’inizio: si entra in punta di piedi in una stanza, i ragazzi si preparano, si trasformano in ballerini. Pare di sentire il profumo sparso nell’aria misto all’odore sensuale dei corpi. Si formano i gruppi, si ascolta, si osserva. Qualcuno esegue un allenamento in disparte. Nel salone illuminato da raggi di luce-finestra i ragazzi, quasi in una atmosfera tra reale e irreale, si parlano, si confidano, sorridono. Vilasi coglie questi momenti accentuandone il significato. Poi la lezione, i movimenti guidati, gli specchi che riflettono le presenze, moltiplicandole. Si formano gli allineamenti, si coordinano gli slanci e i corpi diventano leggeri, sincronizzati, volano.
La fotografia ne coglie l’agilità, il dinamismo. Strisce di luce, formano nell’immagine il segno di una leggerezza conquistata. Un gioco gaio, allegro, eppure serio come la speranza di una professione, l’idea di un successo sul palcoscenico del teatro e della vita.
Intrigante la scena del trucco, anche qui colpisce il fascino della iniziazione: sotto mani sapienti i volti si trasformano in personaggi di scena. E’ un momento quasi metafisico, un passaggio dalla propria essenza a quella dell’attore che deve presentarsi al pubblico in una dimensione diversa, teatrale, mitica.
Il teatro in fondo è il luogo della prima rappresentazione del mito, trasposizione della storia umana, della favola e della bellezza. Il balletto eccelle nel sublimare questi contenuti, nel trasportare lo spettatore nell’incanto dei suoni e dei colori.
Si arriva quindi al momento finale, allo spettacolo che coinvolge ballerini e pubblico. Vilasi lo affronta senza tralasciare niente, le persone dietro le quinte, la danza corale, gli assoli. Le luci diventano calde, rosate, rosse, avvolgono i movimenti di danza, esaltano le apparenze, trasportano gli spettatori in quella sospensione che precede gli applausi.
E’ il saggio finale. La scuola di danza ha passato l’esame, il fotografo ha vissuto un’esperienza unica e ci rende partecipi con questa mostra.