COMPOSIZIONI: NOTE DI LUCE E COLORI
MOSTRA FOTOGRAFICA
di Palmina Barbagallo
Abbiamo trovato il referente fotograto di queste rappresentazioni?
Abbiamo soddisfatto la volontà o la curiosità di capire cosa rappresentano queste linee, questi colori, questi riflessi, questi dinamismi? Ci soddisfano le opinioni che abbiamo formulato? E come siamo giunti, infine, a formarci un’opinione? Quali criteri, ragionamenti abbiano adottato e seguito per incontrare la proposta della nostra autrice?
Invero, dobbiamo onestamente riconoscere che, almeno apparentemente, la fotografa non è preoccupata di restituire ai nostri occhi ciò che i medesimi hanno visto; tantomemo raccontarci una vicenda che, come tale, intendiamo riconoscere o, come tale, ricevere in documentazione.
Invece, e molto più semplicemente, la fotografa è interessata a farci comprendere come gli elementi strutturali dell’immagine stessa possono, in determinate condizioni, essere estrapolati; e, in questo procedimento, diventare essi stessi elementi costruttivi di una nuova immagine innescando un processo autogenerativo il cui limite, o confine, o termine sta proprio nella nostra volontà di lasciarci coinvolgere emotivamente o meno.
Non siamo propriamente in una fotografia astratta, quella, per intenderci, che vuol ridurre il referente in puro gioco di luce e di sostanze chimiche o magnetiche, elaborate in camera oscura o sul monitor di un computer. Qui abbiamo davanti la differente volontà di disgiungere l’individualità degli oggetti dalle immagini risultanti.
Con questa riflessioni ritorniamo, allora, sulla proposta di Palmina e cominciamo a riconoscere, prima che gli oggetti o la tecnica per catturare colori e riflessi, una sua poetica, ovvero un atteggiamento fotografico che la porta, e ci porta, ad usare strumentalmente il reale per parlare della natura delle cose di cui il reale è fatto.
La nostra visione, infatti, non si accontenta più di riconoscere l’origine di quel riflesso o la natura di quel dinamismo ma va oltre: guarda alle linee, alla necessità e alla ragione delle loro curve e delle loro interruzioni; guarda ai colori, alle loro accensioni ed ai loro spegnimenti; alla loro volontà di acquisire una nuova forma, una diversa riconoscibilità.
Diversa riconoscibilità che è alla nostra portata poichè la proposta della fotografa non nasce negli arcani e profondi misteri del suo essere artista, pittrice, e quanto altro; nasce semmai accanto alla nostra esperienza fotografica fatta di corrette esposizioni e convincenti composizioni andando, però, al di là del visibile nella misura in cui lo consente lo strumento e procedendo verso questo invisibile nella misura in cui lo cerchiamo davvero.
Allora ci accorgiamo che tutto un mondo esiste al di là dell’effimera sensazione dei nostri occhi, un mondo che si rivela appena sollecitiamo lo strumento, appena invitiamo la comune ricerca a restare trattenuta in un’ immagine.
Questo mondo ha la stesa natura della quotidianeità e della finitezza e, a cercare attentamente, possiamo intravederne il sorriso come la lacrima, il momento di ansia come l’attimo di gioia. Cerchiamoli allora.
Pippo Pappalardo