Omo River il cuore antico dell’Africa nera
Mostra fotografica personale di
Cristina Garzone e Valter Bernardeschi
Il titolo della mostra subito ci proietta nella realtà di un popolo, della gente che vive la valle dell’Omo ove le tecnologie non esistono, dove frequenti carestie lasciano segni profondi in quelle popolazioni, dove il fiume Omo è molto più di una sola ragione di vita. La mostra è composta di foto dense di significati e simboli, partecipazioni di persone che sono la continuazione di una storia arrivata ai nostri giorni tramite e attraverso l’alternarsi di vicende temporali avvenute sotto il cielo etiopico. Il lavoro che è stato svolto intrecciando motivi diversi forma un “unicum” prezioso, facendo degli Autori dei fotografi-narratori che hanno saputo cogliere momenti di suggestione sottile, così il valore che scaturisce dalla fusione coerente di ogni componente è elevato e in piena corrispondenza con le sue soluzioni espressive. A questa genesi creativa appartiene il semidiario di cui al titolo e si evince osservando la successione delle opere in mostra sottolineata da spettacolari e cospicui fregi, sia formali che contenutistici, che sono poi in concreto la cifra stilistica dei due Autori.
Il loro dire fotografico, fatto d’indagini e situazioni significative con molto effetto presenza, mostra la “Gente” dalla pelle ignea e con protuberanze di scarnificazioni cui espressione diviene metafora di vita. I poveri mestieri, i gesti abitudinari formano il quadro della vita di villaggio popolato da giovani donne dai bei volti, dall’enigmatico guardare e dai corpi agili e scattanti, dai seni scoperti pronti ad allattare per molto tempo figli di ogni statura infantile, gli ornamenti sono poveri gioielli tramandati nelle discendenze. L’indagine, poi, si allarga a zone poco distanti dai villaggi dove si vedono segni “Altri”, segni di lotte sulle carni piene di guidaleschi e pitture di guerra di uomini di ogni età.
E’ raffigurata anche l’opera vicino ai “pozzi cantanti” dove persone compongono una catena umana estrattiva, atta a portare in superficie l’acqua cantando e parlando in modo da formare indicazione di riferimento per i pastori di passaggio in quella zona.
La mostra è finemente composta non che permeata da significazioni tipiche di un obiettivo al femminile e uno di derivazione e stile maschile, entrambi disinvolti nella sottesa delineazione espressiva, riesce a mostrarci con freschezza ariosi scenari in cui domina incontrastata la natura, ma allo stesso tempo anche ed efficacemente, la partecipazione reale del transito del genere umano.
La grande immediatezza esecutiva dell’insieme formato da realtà e bello fotografico è espressa, evidentemente, sì col diretto contatto avuto con quella natura unica, ma pure con quanti lì vivono e, maggiormente, con i voluti effetti narranti secondo una scelta precisa dettata dal personale stile personale, indubbiamente questi sono tutti ingredienti caratterizzanti e qualificanti la ricercata visione poetico/reportagistica di Cristina Garzone e di Valter Bernardeschi.
Carlo Ciappi