LE MINIERE DI ZOLFO: TRA STORIA E MEMORIA

Mostra fotografica di AA.VV.

 “Ed è sempre così che rivedo i minatori, gonfi di dolore, racchiusi nel loro silenzio profondo, lo sguardo fisso come due lance a trafiggere tutto e tutti allorquando si verificava una disgrazia […] ricoperti di polvere di zolfo, gialli come un uovo […].”

“[…] dal citofono, arrivò la notizia che, di lì a poco, avrebbero accompagnato fuori un ferito. […] «Dang… dang… dang…» e poi, a breve distanza, un altro colpo che autorizzava la partenza: «Dang…» La lenta risalita sembrava non finisse mai […].” (M. Zurli)

È il piccolo cimitero dei minatori ad aprire la mostra: la nuda terra che ospita semplici croci ed una grande lapide di marmo sulla quale colpisce solo una parola: Carusu, carusu, carusu … termine che in siciliano significa Ragazzo, quei Carusi, sono i ragazzi che a casa non sono più tornati, quelli che in giovanissima età, lavorando in miniera sono morti.
Scorre il tempo e le storie continuano a segnare la mente di chi è stato coinvolto così come gli impianti minerari permangono sul territorio, monumenti in rovina della civiltà industriale che fu. La mostra si pone come viaggio attraverso i luoghi dello zolfo, tra passato e presente, alla scoperta di un patrimonio storico-industriale poco conosciuto per non dimenticare persone e luoghi legati allo zolfo di Sicilia. Ieri ferventi luoghi di lavoro, si presentano oggi come aree dismesse, archeologia industriale caratterizzata da tempi sospesi.
Juncio-Tumminelli e Trabonella sono le due miniere della Valle Imera, visitate e fotografate; gli ambienti sono dislocati su differenti livelli nel territorio e cumuli gialli di detriti si confrontano col variegato colore del territorio circostante, si trova ancora la polvere dal classico colore giallino e si respira ancora l’acre odore di zolfo. Un pannello con foto d’epoca in bianco e nero affianca le quaranta immagini odierne a colori. Rappresentazioni di ampio respiro accentuano le fughe prospettiche degli ambienti, a volte evidenziandone la simmetria dei locali, ad esse si alternano stretti dettagli, texture ed accattivanti controluce. Ritroviamo capannoni che ospitano ancora ciò che rimane delle vecchie attività: il grande edificio della lampisteria, le officine, i castelletti dei pozzi a traliccio metallico, le cabine elettriche, la sala argano, i vagoncini per il trasporto, il circuito dacauville, i piazzali per i materiali, i luoghi di riunione gli impianti di flottazione, fusione e ventilazione, ma anche quadri e pannelli di controllo, ganci, catene, ecc…
La luce crea ritmi a volte continui a volte discontinui; è una luce intensa e impietosa che traccia ombre profonde lasciando emergere solo alcuni dettagli di elementi mentre il resto è inghiottito nel buio. Immobili i diversi macchinari, oggi unici “abitanti” di tali luoghi, continuano ad accumulare ruggine nel tempo
Mario Zurli, ex operatore minerario, oggi Presidente dell’Associazione “Amici della Miniera” di Caltanissetta è stato l’instancabile guida d’eccezione che, con gli occhi e la voce piena di emozione, ha raccontato episodi passati ed ha spiegato il ciclo di estrazione dello zolfo e le funzioni di quei macchinari. L’esplorazione dei luoghi minerari è stata una lenta scoperta, i fotografi, immersi nel silenzio più assoluto hanno ascoltato le sue storie e con competenza hanno interpretato fotograficamente.

“Tra storia e memoria” così, insieme, parole e rappresentazioni fotografiche di miniera.

Daniela Sidari