I COLORI DELL’EGEO

MOSTRA FOTOGRAFICA

di Giuseppe Fichera di Aci Catena (CT)

Recensione di Silvano Bicocchi

Ci sono soggetti famosi che, nonostante la grande tradizione iconografica, chiamano il fotografo a cercare ancora dentro ai propri valori visivi. Egeo è sinonimo di paesaggi urbani arcaici dove i colori puri delle costruzioni si stagliano sull’azzurro del cielo terso e del mare quieto.
La luce mediterranea, ben conosciuta dall’autore, incontrando le superfici cangianti delle chiese e delle case, anima un soggetto dall’aspetto mutevole al cambiare dell’incidenza dei raggi solari.
“I colori dell’Egeo” di Giuseppe Fichera è la rappresentazione di un percorso verticale, da lui compiuto, alla ricerca dei simboli iconici atti a rappresentare l’intima natura di quei luoghi.
Infatti con 4 fotografie di contesto ambientale, 3 di costume, 10 di architettura e 12 di forte sintesi compositiva, egli ci fornisce gli elementi di una conoscenza raggiunta di quel ambiente che ci appare sospeso nel tempo.
La scelta delle immagini così articolata nelle poetiche, rispecchia la mentalità culturale dell’autore che è sensibile al problema dell’essere compreso anche da chi inizia a interessarsi di fotografia.
Ecco perché a fianco di immagini dove la sintesi formale è spinta a livelli d’eccellenza, fino a sfiorare il limite tra realtà e astrazione geometrica, troviamo il paesaggio che illustra i luoghi, il frammento di folclore che ci parla della cultura locale, l’architettura goduta nell’esplosione dei volumi o l’implosione nelle forme elementari.
La sua fotografia diretta, che esalta la materia, si gioca tutta al momento dello scatto nella scelta delle luci, nell’equilibrio degli incastri geometrici composti tra terra e cielo.
I colori, delle superfici lisce e ruvide, sono i protagonisti dell’Egeo interpretato dalle fotografie di Giuseppe Fichera, le sue “tracce” cromatiche ci parlano di lui come di un fotografo capace di spingersi oltre l’immediato, oltre il gioco, fino a toccare il sublime dell’espressione artistica.

Recensione di Wanda Tucci Caselli

Le immagini che compongono la mostra di Giuseppe Fichera colgono alcuni aspetti di quella che si può considerare l’architettura popolare dell’arcipelago Egeo, architettura che nel corso del ‘900, ha acquisito una propria identità divenendo, nel panorama internazionale, culturale e turistico, un simbolo, se non il simbolo più immediatamente riconoscibile, della Grecia contemporanea.
I semplici e netti volumi cubici sono di dimensioni limitate, raramente elevati oltre il secondo piano, raccolti in agglomerati molto fitti, per contrastare il disturbo del vento e limitare il surriscaldamento solare.
I materiali impiegati per la costruzione di questi edifici sono di provenienza locale, come la pietra ed il legno, principalmente nelle specie di cipresso, cedro, castagno e noce. Le strutture sono dipinte e ridipinte annualmente di bianco: la scelta di questo colore è funzionale a preservare una temperatura accettabile nell’interno degli ambienti.
L’essenzialità e semplicità delle forme e delle superfici, la quasi totale assenza di decorazioni estranee alla struttura, sia nelle costruzioni civili come negli edifici religiosi (che spesso denotano influssi bizantini, ottomani e veneziani) rivelano il carattere rustico e umile delle popolazioni che ne facevano uso, carattere che è simbiotico con l’ambiente circostante, territori di natura selvaggia ed aspra che non permettevano né ispiravano architetture complesse o sfarzose.
Le foto di Giuseppe Fichera sono dominate dalla luce, da una stessa luce che accomuna le forme architettoniche. L’autore si abbandona alla coerenza del colore della memoria e ricostruisce la realtà in una piccola porzione così come l’occhio l’ha colta nell’impatto di un momento, ad una certa distanza, con tutte le omissioni che ciò comporta. Via quindi le pietre, l’erba ingiallita dal sole d’estate, i tubi e i canali, indispensabili intralci della vita quotidiana, l’autore si affida alla propria percezione, libero ed autonomo di fronte al soggetto.
Alieno da sofisticazioni critiche, ci presenta cupole, croci, spigoli che trovano nell’azzurro del cielo e del mare l’unico fondale di risalto. Man mano restringe il campo dei cromatismi pastellati e si lascia affascinare dalle linee dure del nero che si ammorbidiscono nel chiaroscuro delle ombre, che accennano a scale stipiti, che inseguono corrimani fino ad arrivare all’assoluta purezza del bianco che pare condurci a paradisi di silenzi incontaminati.