ACCORDI E DISACCORDI
MOSTRA FOTOGRAFICA
di Enzo Gabriele Leanza & Domenico Santonocito di Catania
Recensione di Pippo Pappalardo
L’occhio studia l’armonia dei suoni (Galilei).
I nostri fotografi, Enzo G. Leanza e Mimmo Santonocito, ci vorrebbero far credere che tra le rispettive proposte visive sussista una distanza, come dire, concreta e motivata.
Con garbata ironia, dichiaro, invece, che gli accordi dell’uno vanno stringendo un patto di simpatia con i presunti disaccordi dell’altro e che la distinta (ma comune) presentazione serva soltanto a confonderci le idee su chi ritiene di predisporre accordi e chi dice di voler rispondere con disaccordi.
Di certo da questo contrasto – espressione sia musicale sia fotografica – ci guadagniamo noi che, oggi, osserviamo con stimolato interesse le efficaci ed intense rappresentazioni degli incontri fotografici vissuti dai nostri Autori con il mondo della musica, con le espressioni artistiche dei suoi interpreti e con le atmosfere che i differenti generi musicali e i diversi contesti hanno saputo loro suggerire.
Invero, se un appunto muoviamo ai risultati della nostra comune passione fotografica è quello di rimanere inguaribilmente silenziosi, o apparentemente tali.
La presente proposta c’invita invece a cercare la visibilità di quel suono che, per quanto non percepito dal nostro orecchio, nel momento in cui guardiamo le immagini dalle medesime si rivela registrato in forme equivalenti.
Si tratta, allora, di cercare l’equivalente o l’effetto ritratto e conservato in queste immagini. Equivalenti ed effetti cercati e trovati attraverso un’indagine fisica che guarda al dinamismo, alla vibrazione, e brillantemente percepiti nella proposta d’Enzo. Equivalenti ed effetti che sono raccolti dentro una dimensione psicologica, intima, come evidenzia altrettanto bene il nostro Mimmo.
Proviamo a fare degli esempi: un vortice d’accordi, una svisata sulle corde, un suono strozzato in gola provocano nella proposta di Enzo un’artistica registrazione che susciterebbe l’invidia di un misuratore, di un oscilloscopio o altra diavoleria.
Una contrazione del volto, una positura accorata, un pudico modo di cedere all’ascolto evocano un suono interno che anche noi potremmo avvertire qualora andassimo in consonanza con l’immagine trattenuta.
Ma come – direte voi – un eccellente fisico cede alla letteratura dell’anima ed un valente letterato prova a dominare un evento fisico?
Sembrerebbe così, e tanto è la riprova che il gioco degli accordi e dei disaccordi è un modo per confondere le acque di un mare musicale agitato dalla loro fantasia.
Ma, come critici, ci tocca non parlare solo del “cosa” contengono queste fotografie ma anche del “come” sono state realizzate, e, quindi, di una tecnica che sfida il plausibile risultato tradizionale della visione agendo sulle risorse del mezzo e piegandole ad una rappresentazione formale quanto più adeguata al genere musicale documentato, anche in una prospettiva d’indagine sociologica nuova (Enzo); laddove, invece, un più calligrafico inseguimento formale dell’evento musicale riesce a consegnarci non solo la documentazione dell’evento ma anche il risultato di un’attenzione partecipata verso la personalità dell’interprete musicale ed al momento creativo della sua interpretazione.
In entrambi gli autori, poi, la consapevole padronanza del mezzo rimane a servizio della progettata rilevazione e successiva rappresentazione.
Resta il “perché”? Questa è l’ultima domanda che si richiede al critico. Ed il critico la pone generalmente a se stesso e la tramuta nella più prosaica “ne valeva la pena?”
Il critico, stavolta, risponde “si”, perché il contributo reso alla visibilità della musica, riformulata nella nuova immagine, è sempre gradito.
L’amico, poi, dice doppiamente “si” perché “risentirci” è sempre bello (ed annota, infine, che nella scrittura e nelle esecuzioni musicali non esistono disaccordi – così come in fotografia esistono solo per chi vuole trovarli ad ogni costo-).